Si sa, il blu è il colore del cielo,
quindi per le civiltà antiche era il colore del luogo nel quale risiedevano le
divinità; rappresentava quindi la pace, la ragione sovrumana, qualità che erano
separate da quelle della terra.
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La dea del cielo Nut |
Nell'iconografia la
volta celeste è rappresentata da Nut, solitamente raffigurata come una donna
nuda, ricoperta di stelle, con le mani ed i piedi a terra, inarcata su Geb, dal
quale è tenuta lontana da Shu, che la sostiene. I dipinti la raffigurano con un
vaso d'acqua sulla testa, presente nel geroglifico del suo nome. A volte si
presenta nella forma di una vacca,
il cui grande corpo forma il cielo, di un albero di sicomoro,
o come una grande scrofa mentre divora i suoi piccoli, che simboleggiano le
stelle.La sua pelle è,
solitamente, blu perché
questo colore simboleggia la vita e la rinascita; le ali, talvolta raffigurate,
rappresentano la protezione lungo il viatico della morte; le stelle che
ricoprono il suo corpo rafforzano l'immagine del cielo e simboleggiano le anime dei morti. Quando la
sua pelle è giallastra,
vuol dire che è stato evidenziato il suo aspetto di essere immortale,
di dea Madre da cui tutti hanno origine. La sua posizione inarcata esemplifica
il suo potere nel cielo e sugli oggetti celesti.
Il colore blu lo possiamo ritrovare anche nella mitologia induista dell'Avatāra, sostantivo maschile
della lingua sanscrita per
indicare la discesa sulla terra della divinità avente lo scopo di ristabilire o
tutelare il Dharma (la “Legge cosmica” o “Religione”).
Krishna, era il principe
della famiglia reale di Mathura, l'ottavo figlio di Devaki e Vasudeva: il
sovrano di Mathura, Kamsa, udita la predizione che avrebbe ricevuto la morte
per mano di un figlio della cugina Devaki, faceva uccidere sistematicamente i
figli della donna. Krishna venne scambiato con un altro neonato e riuscì a
scampare alla morte, venendo affidato di nascosto al pastore Nanda e a sua
moglie Yashoda. Saputa la notizia della presenza del bimbo Krishna nel
villaggio di Vrindavana il sovrano per ucciderlo, inviò un demone, che assunse
le sembianze di una bellissima donna la quale, visitando le giovani madri,
chiedeva di poter tenere in braccio i piccoli e allattarli al proprio seno. In
realtà, essendo il latte avvelenato, tutti i neonati morivano dopo essere stati
allattati. Ma quando giunse presso la dimora di Krishna, una volta presolo in
grembo e iniziato ad allattarlo, egli, immune al veleno, cominciò a succhiare
tanto avidamente dal seno della donna da provocarne la morte; una volta morta,
la donna riprese le sue vere sembianze di demone, svelando così il complotto.
La versione
corrente di un oni sembra basarsi su due versioni del mito: uno è quando il concetto di forme
amorfe come i fantasmi fu confuso con i miti più chiaramente definiti di
creature bestiali nel buddismo legate alla tradizione, dovel’aka-oni (l’oni rosso) e l’ ao-oni
(l’oni blu) tormentano i peccatori; l’altra
origine sviluppatasi dalla convinzione è che un bue e una tigre arrivarono da
nord-est, dalla porta dei demoni da cui proviene tutto il male del mondo.
In particolare,
l'ottava
manifestazione, Krishna, considerato come l’avatar per eccellenza, viene
descritto con il colorito della pelle simile al colore delle nuvole cariche di
pioggia, ed è per questo che egli è spesso rappresentato nei quadri col volto e
la pelle blu, blu scuro se non addirittura nera. Da questo deriva uno dei suoi
epiteti, Ganashyama, che letteralmente significa appunto "dalla pelle del
colore delle nubi cariche di pioggia".
Così Krishna trascorse
l'infanzia, tra i pastori, e le loro mogli e figlie, da queste vezzeggiato
prima e amato poi.
Durante la sanguinosa
battaglia di Kurukshetra, Krishna prese le parti dei virtuosi principi Pandava
contro i loro cugini usurpatori del regno e li portò alla vittoria infondendo forza e coraggio nei guerrieri.
Dopo l'autodistruzione della sua stirpe, attuatasi per mezzo di una feroce
guerra interna, Krishna si ritirò nella foresta dove fu raggiunto da una
freccia al calcagno, unico suo punto vulnerabile. Lasciò il corpo e riacquistò
la sua forma divina. La morte fisica di Krishna, avvenuta nell'anno 3102 a.C.
segna per gli induisti la fine della terza era del mondo, e l'inizio dell'era attuale.
Nella cultura giapponese, al contrario, il blu
non è usato per rappresentare una figura ultraterrena, ma dei demoni giganti e mostruosi, con artigli taglienti, capelli
selvaggi e due lunghe corna che crescono dalla loro testa. Si tratta di
creature fondamentalmente umanoidi, ma occasionalmente sono ritratti con
caratteristiche innaturali, come molti occhi o dita delle mani e dei piedi
extra. La loro pelle può essere di colori diversi, ma quelli più comuni sono il
rosso e il blu. Il loro aspetto feroce viene spesso accentuato di loro vestiti
di pelle di tigre e dalla mazza ferrata da loro favorita, detta kanabō . Questo modo di immaginarli ha generato l'espressione oni con la mazza ferrata, cioè "invincibile" o
"imbattibile". Può anche essere usata nel senso di "forte oltre
i forti" o in quello di migliorare o incrementare le proprie capacità
naturali mediante l'uso di un attrezzo.
Gli Oni ora
svolgono un ruolo importante nella primavera giapponese e nella festa d’ inizio
anno, il Setsubun. In essa, le
persone indossano maschere da orchi (da oni) e sono simbolicamente cacciati, in
rappresentanza dei guai e dei danni che si devono cacciare via per la buona
riuscita dell’ anno entrante.
I celebranti ritualmente gettano semi di soia fuori dalle finestre e
dicono qualche verso in forma di incantesimo che significa “demoni fuori,
felicità dentro”, perché la soia spaventa gli Oni e li lascia fuori
dalla casa. L’ immagine
terribile degli Oni sembra essersi ammorbidita nella vita giapponese moderna, e
le immagini dei demoni ora funzionano quasi solo come intrattenimento, il cui volto ringhioso spaventa le persone che entrano
nell’ l’edificio con cattive intenzioni. I tetti sono
ancora contrassegnati con l’ onigawara, tegole che hanno visi di oni su
di esse per proteggere la casa dalla sfortuna. La gente vestita con costumi Oni fa
delle vere e proprie sfilate per allontanare in questo modo la sfortuna.
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