mercoledì 18 gennaio 2017

Step 19: L'anatomia del Blu Ceruleo

Sul tavolo dello studio si srotolava scomposta una mazzetta delle tinte, un camaleonte domestico. Nonna! Sì, Celeste? Perché a papà piace tanto quel colore? Il pavone cromatico esibiva in bella vista il colore cinquemilaquindici, blu ceruleo. Gli piace la storia di quel colore, gliel’ho raccontata tante volte. Silenzio. Uno di quei momenti di complicità che comprime all’inverosimile le distanze dell’età. Erano lì: due bambine affamate di storie, una coi lunghi riccioli castani, l’altra con un’ordinata crocchia bianca. Devi sapere che una volta c’era una ragazza che era proprio come te. – Aveva i ricci come i miei? – No, ma aveva il tuo stesso nome e, come te, aveva sempre la testa fra le nuvole. In effetti, viveva proprio lassù. – Sulle nuvole? – Sulle nuvole. Aveva gli occhi del colore più bello che si possa immaginare, blu come il cielo d’estate, con una piccola, risoluta punta di verde. Ogni volta che le nuvole si aprivano e facevano spazio al Sole, Celeste si sporgeva dagli sbuffi di panna e guardava giù, a terra. Le piacevano i prati, le grandi coperte verdi del mondo di sotto, i boschi e le radure. E voleva vederle da vicino, stendersi sull’erba e correrci sopra. A furia di guardare e desiderare, desiderare e guardare, una fogliolina tenera era germogliata nei suoi occhi. I popoli di sotto si chiamavano Latini e, al contrario, amavano volgere il capo all’insù e contemplare la distesa azzurra del cielo, cerulea, come la chiamavano.
Un giorno, le nuvole erano irrequiete – soffiavano forte sulla terra, come se volessero spazzarla via. Celeste, preoccupata per i suoi prati verdi calpestati dal vento, si sporse dalla solita nuvola. Questa volta, però, cadde. Fu il vento che, vedendola, si calmò e frenò la sua caduta. Con uno sbuffo gentile la posò a terra. Celeste si risvegliò l’indomani. Aprì gli occhi e, per la prima volta, il verde nei suoi occhi non era solo dentro: arrivava da fuori. Seduta sulla sua erba, sul suo prato, era felice più che mai. Camminò fino al paese più vicino, dove vide gli uomini del mondo di sotto indaffarati e sudati. Notò che tutti avevano gli occhi dello stesso colore: marrone scuro. Passando per il mercato, urtò un garzone che portava due bisacce: in una teneva della polvere di rame, nell’altra un fine trito di cobalto. I sacchetti caddero e le due sabbie colorate si mescolarono sul terreno umido di pioggia. Gli occhi di Celeste sembravano tinti col verdeblu di quella pozza. – È nato così il colore che piace tanto a papà? – È nato così. – Ma Celeste non si sentiva sola, senza la mamma e il papà? Senza le sue nuvole? – Celeste non era mai sola: quando lo desiderava, soffiava verso le nuvole e il vento la riportava a casa. Anche se alla fine della storia la fanciulla non restò a lungo fra le nuvole di panna. – E perché? – Perché trovò molto carino quel garzone che portava le polveri e i suoi occhi blu completarono la magia. E, forse, un po’ del blu che hai tu negli occhi è proprio quello di Celeste. – Nonna, mi piace molto la storia di quel blu cer... cereo. – Ceruleo, bambina mia. E sì, è proprio una bella storia.

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